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RESEARCH PRODUCT
Ecosistemi di acque interne e di transizione
P ViaroliA BassetM BartoliA BoggeroM CantonatiM CiampittielloD FontanetoDmp GalassiP GuilizzoniM LorenzoniA LudovisiA LuglièP MagniM MancaG MorabitoBm PadeddaN RiccardiM RogoraG RossettiL RossiN SalmasoN SechiF StochD TagliapietraP. VoltaLuigi Naselli Floressubject
Settore BIO/07 - EcologiaSettore BIO/03 - Botanica Ambientale E ApplicataStrategia Nazionale di Adattamento al Cambiamento Climaticodescription
La valutazione dello stato di conservazione di biodiversità, funzioni e servizi degli ecosistemi di acque interne e la stima della loro vulnerabilità ai cambiamenti climatici sono affrontate considerando tipologie omogenee di ecosistemi acquatici, alla scala integrata del bacino idrografico e della zona di transizione adiacente. Gli ecosistemi acquatici sono ripartiti, secondo uno schema tradizionale, in: bacini fluviali, laghi, zone umide e acque lentiche85 di piccole dimensioni, ecosistemi dipendenti dalle acque sotterranee (Groundwater Dependent Ecosystems - GDE) e ambienti di transizione a mare. I bacini fluviali e i laghi sono inoltre analizzati nel contesto della regione geografica cui appartengono, assumendo che vi siano associate diverse pressioni e minacce derivanti dai cambiamenti climatici. I cambiamenti climatici hanno effetti diretti sulla fenologia e sulla distribuzione delle specie che si manifestano in seguito a modificazioni della durata delle fasi di crescita, anticipazione o ritardo nelle migrazioni, sfasamento dei cicli vitali di predatore e preda, e migrazione verso nord e verso monte delle specie sensibili all’aumento di temperatura. Negli ecosistemi acquatici queste perturbazioni sono causate non solo dall’aumento della temperatura, ma anche dalle variazioni del regime idrologico e delle proprietà fisiche delle masse d’acqua. Tra gli ecosistemi a maggiore vulnerabilità si annoverano le acque lentiche di piccole dimensioni, i GDE e i laghi d’alta quota, e i corsi d’acqua appenninici e delle isole maggiori, sui quali già insistono pressioni importanti per l’elevato tasso di sfruttamento del territorio e delle risorse idriche. La vulnerabilità dei grandi corsi d’acqua dipende dall’interazione tra le pressioni locali (uso del suolo, urbanizzazione, alterazioni idro-morfologiche), le variazioni del regime idrologico e la gestione delle risorse idriche. Attualmente si segnalano problemi legati al dissesto idromorfologico dei corsi d’acqua, al deflusso residuo a valle delle derivazioni idriche, alle variazioni improvvise e intense delle portate dovute all’esercizio delle centrali idroelettriche (hydropeaking), all’inquinamento delle acque, alla perdita di specie indigene e alla crescente diffusione di specie aliene. Queste situazioni potrebbero essere amplificate dalle variazioni del regime idrologico indotte dai cambiamenti climatici. I grandi laghi subalpini profondi sono regolati e costituiscono la più importante riserva di acqua dolce in Italia. Negli ultimi decenni si sono osservate condizioni critiche per il bilancio termico e la conseguente stratificazione della colonna d’acqua: l’aumento della temperatura atmosferica ha già causato una notevole riduzione della frequenza del rimescolamento delle intere masse d’acqua (oligomissi) e potrebbe portare a un rimescolamento limitato ai soli strati superficiali (meromissi). Le condizioni di meromissi sono in genere accompagnate dall’esaurimento dell’ossigeno disciolto nelle acque di fondo e da notevoli alterazioni della composizione delle comunità lacustri. Nel lungo termine, la diminuzione degli apporti nivali e glaciali e l’aumento dei prelievi potrebbero determinare oscillazioni del livello idrico con gravi impatti anche sulle zone litoranee di basso fondale. Condizioni di particolare vulnerabilità sono previste per i laghi dell’Italia centrale, in particolare per quelli poco profondi come il Lago Trasimeno, nei quali si stanno verificando l’interramento delle zone litoranee, l’aumento delle concentrazioni dei soluti e il riscaldamento delle acque. Nei laghi artificiali dell’Italia meridionale e delle isole, la diminuzione delle precipitazioni e l’aumento della temperatura, combinate con un maggiore consumo idrico, potrebbero accentuare le variazioni di livello, favorendo così il peggioramento della qualità delle acque e l’affermazione di specie invasive e di cianobatteri tossici. Le acque di transizione (foci fluviali e lagune costiere) sono esposte alle variazioni del regime idrologico dei bacini di monte, all’innalzamento del livello marino e all’aumento della temperatura. Trattandosi di sistemi a bassa profondità, sono attesi effetti particolarmente marcati nelle comunità bentoniche, con comparsa di fioriture di macroalghe, microalghe tossiche e cianobatteri e scomparsa delle specie animali maggiormente sensibili. Le opere di difesa idraulica a protezione dei centri abitati e delle zone agricole subsidenti potrebbero fare aumentare il confinamento delle aree lagunari interne, con rischi crescenti di stagnazione e anossia delle acque, condizioni che comportano la perdita di specie sensibili al tenore di ossigeno e alla temperatura. Complessivamente, si ritiene che le tendenze evolutive degli ecosistemi lagunari possano essere sfavorevoli per le specie native a vantaggio di quelle esotiche, con possibili impatti anche sulle attività di pesca e acquacoltura. Nelle foci fluviali, nei periodi di secca si potrà verificare la risalita del cuneo salino, un fenomeno che si è già manifestato in modo significativo in anni particolarmente siccitosi, ad esempio dal 2003 al 2007. Nella maggior parte degli ambienti acquatici considerati, al crescere della temperatura e della durata della stagnazione delle masse idriche potranno aumentare il metabolismo microbico e l’eterotrofia, con possibili retroazioni sulle emissioni di gas clima-alteranti (CO2, N2O e CH4).
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2014-01-01 |