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L’ampliamento di Montecitorio

Ettore Sessa

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Settore ICAR/18 - Storia Dell'ArchitetturaAMPLIAMENTO MONTECITORIO ROMA

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Il lungo arco temporale dell’attività progettuale di Ernesto Basile compreso fra il 1902, anno in cui gli viene affidato l’incarico per l’ampliamento e la riforma del complesso di Montecitorio per il definitivo adeguamento alla destinazione di Palazzo della Camera dei Deputati del Parlamento Italiano, e il 1918, anno della solenne cerimonia inaugurale dell’Aula dei Deputati (avvenuta alla presenza del re Vittorio Emanuele III il 20 novembre), è caratterizzato dall’intensificarsi degli impegni professionali dell’architetto palermitano nella capitale, pur non configurandosi come un suo secondo “periodo romano”. Già impegnato nella realizzazione della palazzina Vanoni in via Abbruzzi, angolo via Sardegna (seguita nelle fasi esecutive, su suoi disegni del 1901, dall’ingegnere Carlo Pincherle), Basile a partire dal 1902 progetta per Roma la prima e la seconda versione del palazzo del marchese di Rudinì in via Quintino Sella (rispettivamente nel 1902-03 e nel 1904-05), il palazzo dell’Aula dei Deputati a Montecitorio (in tre stesure principali nel 1902-03, nel 1904-05 e nel 1908 e anni successivi), gli arredi di casa Ravà (nel 1903), il Grand Cafè Faraglia in piazza Venezia (nel 1906), la cappella gentilizia Starrabba di Rudinì al cimitero del Verano (nel 1908), gli arredi della sede di vendita in via del Tritone del mobilificio Ducrot (nel 1908-09), il Padiglione Siciliano all’Esposizione di Roma del 1911 (nel 1909), la casa-studio del pittore Giulio Aristide Sartorio sul Lungotevere (nel 1910) e gli arredi per la Regia Zecca (nel 1915). Ben più prolungata risulta la presenza di Basile nell’ambiente architettonico romano se, a questo nucleo di opere, coerente relativamente alla sua fase di revisione critica del modernismo (a meno della “vacanza stilistica” del neo siculo-normanno Padiglione Siciliano del 1911, vincolato al tema regionalista della sezione italiana dell’Eposizione di Roma), vengono aggiunti i progetti del decennio successivo alla fine della prima guerra mondiale. È quest’ultima una produzione progettuale che, come esemplificato dall’algido carattere monumentale della proposta di sistemazione dell’ingresso della Villa Umberto del 1926, svela in tutta la sua problematicità un atteggiamento dubbioso, più che compromissorio, verosimilmente ascrivibile alla consapevole (e probabilmente anche distaccata) constatazione della subentrata inattuabilità del proposito, comune negli anni Venti a non pochi veterani del modernismo (fra i quali Victor Horta, Ector Guimard, ma anche Max Fabiani e Josef Hoffmann), di ribadire fuori tempo la validità della cultura architettonica d’appartenenza; una cultura che aveva ritenuto possibile, a cavallo fra Ottocento e Novecento, eleggersi a interprete della sua epoca (sulla scorta della positiva convinzione che questa avesse tutti gli attributi di una rinnovata età della civiltà occidentale) riformandone al sentimento estetico codici figurali e sistemi compositivi, in vista del raggiungimento di un nuovo e appropriato ordinamento stilistico. . Fra i più tardi incarichi romani di Basile, oltre alle impegnative e reiterate fasi di ultimazione del colossale cantiere di Montecitorio e alle relative integrazioni suppletive in corso d’opera (soprattutto per quanto riguarda sistemazioni di interni e arredi per studi e “quartini” delle alte cariche istituzionali, per gli uffici e per le sale di riunione delle varie commissioni), non pochi sono i progetti correlati alla committenza camerale, come nel caso dell’ipotizzato Corpo di Guardia dei Vigili della Camera dei Deputati in via Campo Marzio del 1919 e del successivo fabbricato, realizzato nella stessa strada, della Stamperia della Camera dei Deputati o, ancora, della proposta di Sistemazione della Piazza del Parlamento sulla via della Missione (con la collocazione dell’Antica Fontana di Montecitorio) del 1927. Quando nel 1902 Ernesto Basile (Palermo 1857-1932) riceve l’incarico di Montecitorio è già uno degli architetti più famosi d’Italia; questo non solamente per il credito internazionale riscosso dalle sue prime architetture moderniste, credito confermato in crescendo dalla pubblicistica per oltre un decennio, ma anche per l’eccezionalità del suo ruolo istituzionale di cattedratico e al tempo di protagonista e sostenitore, da una posizione di grande potere accademico, della nascente tendenza modernista italiana. Particolarità, questa, certamente non secondaria relativamente alla decisione di affidargli l’incarico di progettazione del Palazzo dell’Aula dei Deputati. Decisione che, contemplando implicitamente un esito progettuale modernista (tuttavia atteso come risposta innovativa compatibile, però, con il comune senso estetico, essendo, appunto, Basile un alto esponente del mondo accademico, quindi prevedibilmente immune da “scapigliature”), risulta alquanto insolita anche in un confronto con il contesto delle più avanzate società melioriste europee Belle Époque. Ad onta delle illazioni sui criteri di nomina del progettista dell’ampliamento del Palazzo di Montecitorio (sollevati, però, solo in sede parlamentare in relazione ad una presunta prelazione di sapore massonico), la scelta di Basile, vincitore nel 1889 del Primo Premio ex aequo del secondo Concorso per il Palazzo del Parlamento, era in realtà una delle poche possibili. Le complesse vicende che portano nel 1904 alla redazione finale e, poi, alla definizione del progetto per l’edificio della “Nuova Aula” della Camera dei Deputati al Palazzo di Montecitorio si innestano, dunque, in una difficile fase dell’articolata e lunga “militanza” modernista di Ernesto Basile. La progettazione e realizzazione di questa addizione e riforma (più che ampliamento) alla “berniniana” fabbrica di “Monte Citorio” costituisce una stagione “trasversale” nell’arco della lunga attività professionale di Basile. È una vicenda complessa che copre un periodo esteso fra il 1902 e il 1914 (anno in cui risulta in via di totale definizione l’arredo ligneo dell’Aula) nella sua fase più impegnativa, con ulteriori fasi di prosieguo, per quasi un decennio, che finiscono per tradurre l’attività di progettista e di direttore dei lavori di Basile in quella di fabbriciere. Contradditorio punto di arrivo della decennale ricerca di Ernesto Basile di un “nuovo sistema di architettura” il Palazzo della “Nuova Aula” dei Deputati del Parlamento Italiano costituisce uno spartiacque fra la prima stagione sperimentale modernista di Basile, caratterizzata dalla rilettura dello storicismo verso il conseguimento di “forme nuove”, e quella indirizzata verso una razionalità classicista. Relativamente a questo nuovo orientamento di Ernesto Basile la “Nuova Aula” di Montecitorio, con la rilettura di una spazialità e di una tipologia assembleare storica, alla luce delle coeve esigenze estetiche e funzionali e delle tecniche moderne, è certamente un’opera emblematica.

http://hdl.handle.net/10447/74462